
“Nu deržis’ devočka!”, Tieni duro ragazza! Con la sua ultima email Mark l’aveva così incoraggiata. Meritava, quella guerra, di essere strappata all’indifferenza dei media occidentali e di essere raccontata, seppure ponendosi “dal lato sbagliato”, l’unico disponibile. Sara Reginella, psicoterapeuta di Ancona, di tempra robusta, non ha ceduto alle difficoltà. Neanche quando ha scoperto di essere stata schedata come “criminale” nella ignobile lista di proscrizione Myrotvoretz nella quale vengono resi pubblici i nomi, i cognomi e gli indirizzi, dei giornalisti sgraditi al governo di Kiev, ed ha innestato nel suo familiare vissuto, nella sua radicata vicinanza emotiva al mondo russo, le testimonianze raccolte nei suoi viaggi in Donbass. Dopo averne ricavato puntuali reportage di guerra, ne è venuto fuori anche un libro: “Donbass, la guerra fantasma nel cuore d’Europa”. È il racconto delle voci di un pezzo di popolo ucraino, quello delle regioni più orientali, che, per storia e per cultura, non potevano accettare quanto già prefigurava l’Euromaidan, le violente manifestazioni pro-europeiste invelenitesi all’indomani della decisione del governo di sospendere le trattative per l’accordo di associazione con l’Unione Europea. Eventi sentiti a Kiev come una “rivoluzione democratica” ma vissuti come un vero e proprio “colpo di stato” in Crimea e nelle regioni di Donetsk e Lugansk, un Regime change che spaccava in due parti l’Ucraina e metteva in pericolo l’esistenza stessa di una di esse. Da allora a reclamare la federalizzazione dell’Ucraina e poi l’autonomia si sono mossi miliziani atipici: gente comune, donne e uomini che si sono trovati a fronteggiare le truppe di Kiev nelle quali era stata incorporata una parte rilevante di gruppi paramilitari di estrema destra. Una guerra fratricida che in otto anni ha lasciato sul campo 14mila vittime e ha costretto oltre due milioni di persone ad abbandonare la propria casa.
D’altro canto, neri nuvoloni andavano addensandosi nei cieli delle oblast’ orientali del Paese; il nuovo presidente, l’oligarca Petro Porošenko li aveva annunciati. Nei podvaly (le cantine utilizzate dalle babušhkas e dai nipotini come ricovero) del villaggio di Chernukhino lo ascoltarono alla radio: “…perché noi avremo il lavoro e loro no! Noi avremo le pensioni e loro no! Noi avremo i sussidi per i bambini, per i pensionati e loro no! I nostri figli andranno negli asili, nelle scuole, mentre loro vivranno nelle cantine! Perché loro non sanno fare niente! Così e solo così vinceremo questa guerra!” Parole d’odio a tuonare contro la popolazione del Donbass la cui eco Sara Reginella sente ancora ancora provenire dallo strato più profondo della terra. Capaci di cambiare completamente l’anima delle persone, come è cambiata quella di Iana che, assieme alla sua amica Irina, era stata eletta tra le cinquanta donne più belle dell’Ucraina e che adesso è un’operosa volontaria nei quartieri più difficili di Donetsk. “Quando cambia l’anima – dice Iana – significa che sei in grado di sentire in modo più forte il dolore degli altri… e cerchi di fare di tutto per alleviarlo”.
Un lavoro, quello di Reginella, da tenersi stretto, soprattutto perché in forma di reportage narrativo vengono intrecciate e restituite storie, a volte minime, spesso raffinate, di un sentimento di popolo. Voci di persone comuni, fantasmi, che in simili frangenti, in genere voce non hanno.